La Storia di Bomarzo

Bomarzo si estende su uno degli ultimi speroni rocciosi (peperino) protesi verso la valle del Tevere e originati dalle colate laviche dell'apparato vulcanico cimino.
L'uso del Peperino si è accentuato nel periodo etrusco, romano e medioevale quando li si è utilizzati per gli usi più svariati e diversi attinenti alla vita sociale, l'economia, la religione e l'arte . Questo uso, ancor oggi valido, ha avuto il suo apogeo nella realizzazione cinquecentesca del Parco dei Mostri: sfruttamento artistico e fantastico dei blocchi di peperino voluto dal Principe Pier Vicino Orsini.

Proprio nelle immediate vicinanze del parco, molti grandi massi mostrano utilizzazioni per scopi funerari con tombe e fossa antropomorfa, arcosoli e nicchie destinate a raccogliere e custodire olle cinerarie ed inumazioni.
All'interno del paese sul lato sinistro della Chiesa cattedrale s'innalza un campanile la cui zona basamentale è molto ben conservata. La sua indiscutibile robustezza per le poderose pietre ben squadrate che lo compongono e la cornice classica che lo delimita nella parte superiore hanno fatto supporre la sopravvivenza d'un antico monumento funebre di epoca romana. Tesi che veniva avvalorata dall'inclusione di frammenti antichi reperiti nel territorio, ma specialmente da un rilievo funerario marmoreo raffigurante tre personaggi: marito, moglie e figlio.
II rilievo funerario è indiscutibilmente romano e databile al primo cinquantennio del I secolo a.C. È possibile anche, ammettendo che Bomarzo sia stata l'antica città etrusca e romana, che la Chiesa sia stata costruita su un precedente tempio pagano.

Nel 1845 durante uno scavo per l'allestimento di una sepoltura vennero alla luce blocchi squadrati di peperino, parti scolpite ed un frammento marmoreo raffigurante una mano che stringeva nel pugno una fluente chioma di eccezionale fattura. Scavi e ricerche finalizzate a conoscere veramente l'antichità dello stanziamento umano a Bomarzo non sono mai state compiute.
La storia di questo centro etrusco è ricostruibile attraverso le ceramiche, i bronzi, i sarcofagi ritrovati nella necropoli di Pianmiano che documentano un lungo e intenso periodo di vita. Malgrado il Ducati accenni ad un sepolcreto villanoviano, tracce sicure di questa cultura non sono state ritrovate.
L'abitato nasce e si afferma con funzioni di sorveglianza e controllo delle vie commerciali che dall'Etruria marittima penetravano, attraverso la valle del Tevere e dei suoi affluenti, nella parte centrale della penisola italiana.
Tale nascita sembra farsi risalire alla seconda metà del VI secolo a.C. in stretta correlazione con la cittadina di Ferento ( Acquarossa ) a sud-ovest cui la lega naturalmente il piano della colonna ed il fluire del Vezza.
Conseguentemente, ben stretti sono i rapporti con Velzna (Orvieto), entro la cui giurisdizione lucumonia ricade, ed i centri più interni dell'Etruria (Chiusi, Perugia). Gli stessi gentilizi, attestati in vario modo a Pianmiano e dintorni rilevano chiaramente questa rete di rapporti commerciali e culturali.
Lo sviluppo della cittadina continua interrotto nel IV e nel III secolo pur tra i contrasti, le guerre e le lotte che contraddistinguono questo periodo in cui inizia e si afferma la penetrazione romana nei territori posti lungo l'asse del Tevere.
Nel 310 a.C, si ha il passaggio della vicina Selva Cimino e si registra la prima battaglia del lago Vadimone; nel 308 il console P. Decio Mure ritorna su questi luoghi distruggendone i centri più fortificati e ribelli; nel 283 infine, in prossimità dell'abitato, forse anche nel suo territorio, si ha la seconda e più grande battaglia del lago Vadimone che segna fatalmente l'inclusione dell'abitato nella sfera di influenza romana, influenza che andrà consolidandosi con il trascorrere degli anni.